Il legame che si instaura con il proprio animale domestico produce molti aspetti positivi per il benessere psicologico e fisico della persona.

Alcuni studi dimostrano che quando si perde un’animale d’affezione, la sofferenza per il lutto può perdurare per mesi o addirittura anni ed è paragonabile alla perdita di una persona cara (Walsh F. Human-animal bonds I: the relational significance of companion animals. Fam Process – 2009).

Tuttavia, quando la morte dell’animale è provocata da cause terze, tale sofferenza è ancora poco legittimata dalla Cassazione, anche se negli ultimi anni qualcosa sta cambiando nella giurisprudenza di merito. Vediamo.

Il danno patrimoniale per la morte o perdita dell’animale d’affezione

I danni risarcibili si suddividono in due macro-categorie:

  • danni patrimoniali: le perdite economiche subite e che si subiranno a causa dell’evento;
  • danni non patrimoniali: lesioni all’integrità psicofisica della persona, danni morali ed esistenziali.

Quando muore un animale d’affezione a causa di un comportamento illecito altrui, come ad esempio un incidente stradale, al proprietario viene riconosciuto un risarcimento per la perdita economica subita.

L’importo del risarcimento dei danni patrimoniali per la morte del proprio animale da compagnia è correlato al valore economico dell’animale stesso e quantificabile in base al prezzo pagato per il suo acquisto.

A questa cifra vanno inoltre aggiunti tutti i costi sostenuti e i mancati guadagni che l’evento ha provocato, come ad esempio le eventuali spese affrontate per le cure e terapie veterinarie e, nel caso in cui l’animale veniva utilizzato per produrre un reddito (es. allevamenti), anche gli introiti che non si sono potuti conseguire.

In caso di perdita o scomparsa inoltre, come riconosciuto anche dal Tribunale di Brescia, nella sentenza n.2841 del 2019, il padrone ha diritto anche al ristoro di tutte le spese sostenute per effettuare la ricerca del proprio animale.

Nel caso in questione un cane era stato affidato ad un allevamento canino che lo aveva però perduto; il padrone, dopo tre settimane trascorse invano nella ricerca, aveva richiesto un risarcimento danni.

Il Tribunale di Pavia, invece, nella sentenza n.1266 del 2016, non ha ravvisato alcuna perdita economica per i padroni di un cucciolo di cane, rimasto vittima di un colpo di fucile proveniente da oltre la recinzione della proprietà.

Nonostante sia stata accertata la colpa del cacciatore è stata esclusa la configurabilità di un danno patrimoniale perché, secondo il giudice, un cucciolo di meticcio nato in casa e senza alcun valore economico non può provocare una perdita patrimoniale ai suoi proprietari.

Mentre è stato riconosciuto un danno non patrimoniale risarcibile, conseguente alla lesione di un interesse inviolabile della persona costituzionalmente protetto.

 

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Il danno non patrimoniale per la morte dell’animale domestico

Come abbiamo detto ad inizio articolo, il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita dell’animale d’affezione è sempre stato negato negli anni passati, in quanto nelle famose sentenze delle Sezioni Unite di San Martino del 2008 si è sancito che per dar diritto ad un risarcimento danni, la lesione di un diritto deve superare una certa soglia minima di apprezzabilità.

Secondo quanto stabilito dall’articolo 2059 del Codice civile, il danno non patrimoniale è risarcibile esclusivamente nei casi determinati dalla legge e, secondo la Cassazione, questo accade solo quando l’evento costituisca un reato, quando esista una legge che preveda espressamente il risarcimento oppure in presenza di una lesione di un diritto inviolabile di una persona costituzionalmente rilevante.

Nelle citate sentenze, la Cassazione aveva escluso la rilevanza costituzionale della perdita del rapporto affettivo tra un uomo e il proprio animale e quindi denegato la ristorabilità del danno non patrimoniale.

Tuttavia, secondo quanto ribadito dalla stessa Cassazione, nella sentenza n.26972 del 2008, i diritti inviolabili costituzionalmente rilevanti non costituiscono un numero chiuso, ma è possibile considerarne di nuovi in base all’evolversi della coscienza sociale

E infatti, recentemente la giurisprudenza di merito ha iniziato a considerare gli animali domestici quasi allo stesso modo dei membri di un nucleo familiare, dando quindi sempre più importanza al legame affettivo che si instaura tra un animale e il suo proprietario e, di conseguenza, riconoscendo sempre più frequentemente un diritto al risarcimento del danno esistenziale conseguente a una loro perdita.

Sono ormai numerose le sentenze che hanno riconosciuto tale diritto, in base al presupposto che il legame affettivo che si crea col proprio animale rientri tra le attività realizzatrici della persona, previste e tutelate dall’articolo 2 della Costituzione (tra le quali le sentenze del Tribunale di Reggio Calabria 6 giugno 2013, Firenze 14 giugno 2013 e Arezzo 8 agosto 2017).

Ci si immagina quindi che presto anche la Cassazione possa seguire questo orientamento, che considera rilevante l’importanza sociale del legame tra l’uomo e il proprio animale d’affezione, riconoscendo il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per ogni evento che possa lederlo.

 

Risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita dell’animale

Nella sentenza n.2841 del 2019, come abbiamo visto precedentemente, il Tribunale di Brescia ha ribadito che il rapporto che si instaura con un animale domestico è un bene della persona e che non è assolutamente definibile come futile la sua perdita.

Aggiunge inoltre che, quando il legame è particolarmente intenso, tale da ledere la sfera emotiva interiore in caso di morte dell’animale, il danno deve essere risarcito dal responsabile dell’evento lesivo.

Il tribunale di Vicenza, nella sentenza n.24 del 2017, ha riconosciuto il risarcimento del danno morale in favore del proprietario di un cane scappato da una clinica veterinaria a cui era stato affidato e non più ritrovato.

Il giudice ha accertato la responsabilità contrattuale della clinica per omessa vigilanza e l’ha condannata al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti dal padrone dell’animale.

Secondo il giudice di Vicenza, il rapporto con gli animali domestici, essendo esseri viventi, non può essere paragonato a quello con una cosa e deve essere invece considerato tutelato dalla Costituzione, in quanto facente parte delle attività realizzatrici della persona.

Per questo motivo è stato riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale, anche se il pregiudizio patito non è stato conseguenza di un reato.

Diverso è il caso in cui l’animale rimanga solamente ferito nell’incidente. Secondo una sentenza della Cassazione, la n.26770 del 2018, in merito ad un investimento stradale, non è risarcibile il danno non patrimoniale derivante dal ferimento dell’animale domestico, in quanto tale pregiudizio non è qualificabile come danno esistenziale conseguente alla lesione di un interesse della persona costituzionalmente protetto.

Pure in questo caso però, ci sono state sentenze che hanno comunque riconosciuto un diritto al risarcimento del danno non patrimoniale patito dal padrone, anche in presenza di sole lesioni e non di morte dell’animale (Tribunale di Torino, sentenza n.6296 del 2012).

Per quanto riguarda l’onere della prova, la perdita di un animale d’affezione non produce un danno in re ipsa, ma è necessario che il pregiudizio sia concretamente allegato e dimostrato, come ad esempio un evidente peggioramento della qualità della vita (Tribunale di Roma, 17 aprile 2002).

 

Quantificazione del danno, responsabilità e concorso di colpa

Una volta riconosciuto il diritto ad un risarcimento per il danno esistenziale e morale subito dal proprietario in caso di perdita del proprio animale d’affezione per cause imputabili a terzi, è necessario effettuare una quantificazione monetaria di tale pregiudizio.

A differenza del danno patrimoniale, il danno non patrimoniale non può essere quantificato in base al valore economico dell’animale, perché altrimenti si dovrebbe paradossalmente affermare che il proprietario di un cane meticcio senza pedigree subisca una sofferenza minore rispetto a quello di un cane di razza (sentenza del Tribunale di Milano n.8698 del 2014).

La quantificazione del risarcimento è affidata al giudice e nelle sentenze riprese dalla giurisprudenza tale importo non hai mai superato la competenza per valore del giudice di pace, pari a 5.000 euro.

Il Tribunale di Vicenza, ad esempio, nella sentenza n.24 del 2017 già citata precedentemente, ha riconosciuto un risarcimento del danno non patrimoniale pari a 3.500 euro.

Quando la perdita o le lesioni siano conseguenza di un investimento stradale, il proprietario, per ottenere un risarcimento, deve rivolgersi alla compagnia d’assicurazioni dell’automobilista; negli altri casi invece è necessario inviare una lettera di diffida direttamente al soggetto responsabile dell’evento.

Qualora l’incidente sia avvenuto per cause imputabili all’animale (danni provocati dal cane che scappa: chi paga?) non sarà ovviamente possibile chiedere alcun risarcimento e anzi si dovranno ristorare gli eventuali danni provocati.

Ricordiamo che in caso di incidente stradale, sia per il conducente del veicolo, sia per il proprietario dell’animale, vige una presunzione di responsabilità e in assenza di una chiara dinamica del sinistro sarà ravvisato un concorso di colpa paritario, con una conseguente riduzione del risarcimento pari al 50%.

Infatti, come specificato dall’articolo 2052 del Codice civile, in materia di responsabilità e risarcimento per danni causati da animali domestici, il proprietario risponde di tutti i danni da questi cagionati, anche in caso di fuga o smarrimento.

Infine, per quanto riguarda invece il risarcimento danni per il morso di un cane, il Tribunale di Milano, nella sentenza del 18 aprile 2012, ha stabilito che in caso di rissa tra cani, deve ritenersi colpevole il padrone dell’animale aggressore, ossia quello che ha attaccato per primo.

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