Il consenso informato è l’autorizzazione libera e consapevole da parte del paziente a ricevere un trattamento sanitario terapeutico.

In caso di intervento effettuato senza il consenso informato, il medico può essere tenuto al risarcimento danni in favore del paziente, anche qualora l’operazione sia andata a buon fine e non ci sia stato un danno alla salute da malasanità.

Il consenso del paziente è infatti obbligatorio per legge e garantito dalla Costituzione, il medico (o la struttura ospedaliera) che viola tale obbligo compie quindi un illecito ed tenuto al risarcimento danni nei confronti del paziente.

Il consenso informato: cosa è?

Secondo l’articolo 32 della nostra Costituzione nessuno può essere sottoposto ad un determinato trattamento sanitario contro la sua volontà, se non per disposizione di legge.

Ogni trattamento od operazione necessita quindi dell’assenso del paziente per essere effettuato.

La Convenzione di Oviedo del 1997 e la Legge n.145 del 2001 stabiliscono che l’assenso del paziente deve essere consapevole.

L’interessato prima di dare il suo consenso deve essere quindi informato in maniera chiara e completa dei rischi, caratteristiche e finalità dell’intervento o della terapia.

Il consenso informato è quindi l’autorizzazione consapevole del paziente ad effettuare il trattamento sanitario proposto dal medico o dalla struttura ospedaliera.

La legge n.219 del 2017, all’articolo 1, lo definisce come il processo con il quale il paziente accetta in modo libero ed autonomo di sottoporsi ad un trattamento sanitario, dopo che sia stato informato dal medico, in modo completo e comprensibile, riguardo la diagnosi, la prognosi, i rischi ed i benefici dello stesso.

La legge non prevede l’obbligo della forma scritta, tuttavia in caso di controversia giudiziaria spetta al sanitario l’onere di provare di aver ottenuto il consenso informato da parte del paziente e di averlo informato in maniera esaustiva, specifica e dettagliata sui rischi, risultati e caratteristiche dell’intervento (sentenza Cassazione n.2847 del 2010).

Ricordiamo infatti che non è sufficiente dimostrare che il paziente abbia sottoscritto un modulo, ma è necessario anche provare che ne abbia capito appieno il contenuto.

Molte volte infatti, prima di un intervento, viene consegnato al paziente un modulo prestampato da sottoscrivere; tuttavia se dallo stesso non è possibile ottenere tutte le informazioni necessarie riguardo il trattamento in oggetto, l’obbligo del consenso informato, anche se correttamente sottoscritto, non risulterebbe comunque adempiuto (sentenza Cassazione n.2177 del 2016).

Nei casi d’urgenza e necessità (quando il paziente è in grave pericolo di vita o non è capace di dare il proprio consenso) e nei trattamenti sanitari obbligatori (TSO) il medico è tenuto ad intervenire e può farlo anche senza l’assenso del soggetto.

 

Il diritto di autodeterminazione

Come abbiamo visto, qualora al paziente non venga richiesto il consenso informato, il medico e la struttura sanitaria sono condannabili al risarcimento del danno.

Il danno per essere risarcibile non deve essere necessariamente un danno alla salute, infatti, anche a seguito di un intervento perfettamente riuscito, con la conseguente cura totale della patologia sofferta dal malato, l’omesso consenso informato è comunque una lesione al diritto del paziente di essere messo al corrente della terapia o del trattamento a cui viene sottoposto.

Il diritto violato in questi casi è quello dell’autodeterminazione e cioè la libertà per il paziente, una volta informato del trattamento, di poter scegliere consapevolmente e autonomamente se sottoporvisi o meno.

L’articolo 13 della Costituzione garantisce la libertà personale dell’individuo; l’autodeterminazione consiste proprio nel consenso libero ed informato da parte del paziente nel sottoporsi o meno ad un trattamento medico sanitario.

La violazione di tale diritto comporta un danno per il paziente ed un illecito da parte del medico e della struttura ospedaliera, anche qualora l’intervento risultasse perfettamente riuscito e la patologia risolta.

L’esito favorevole dell’operazione quindi non compensa il pregiudizio subito dal paziente per l’omesso consenso informato (Cassazione sentenza n.10423 del 2019).

Il danno alla salute, conseguente un errore medico, è infatti da considerarsi un ulteriore e diverso illecito dalla mancata acquisizione del consenso informato (risarcimento del danno iatrogeno differenziale).

In caso di “malpractice medica” i diritti lesi sarebbero infatti due: quello all’autodeterminazione terapeutica del paziente e quello appunto alla salute, entrambi autonomamente risarcibili (Cassazione sentenza n.11749 del 2018).

Nella stessa sentenza viene ribadito che la mancata acquisizione del consenso informato provoca un danno-conseguenza risarcibile al paziente, il quale consiste nella violazione della sua libertà di poter decidere di sé stesso psichicamente e fisicamente.

 

Risarcimento danni per omesso consenso informato

Il paziente ha il diritto di essere correttamente informato sul trattamento e di poter quindi decidere consapevolmente ed autonomamente di non sottoporsi all’intervento, di posticiparlo o di farlo in un’altra struttura.

Il non poter esercitare consapevolmente queste scelte determina non solo una privazione della libertà di autodeterminazione, ma anche una sofferenza e un turbamento psichico (danni morali, relazionali e biologici).

Questi pregiudizi sofferti dal malato consistono nella sua inconsapevolezza sugli effetti negativi e complicanze che potevano verificarsi e che si sono presentati a seguito dell’intervento eseguito e nella privazione di potersi meglio predisporre a tali conseguenze e a poterle accettare se fosse stato informato delle stesse per tempo, invece di trovarsi del tutto impreparato (Cassazione sentenza n.10608 del 2018).

La lesione al diritto dell’autodeterminazione terapeutica comporta sia pregiudizi patrimoniali, sia danni non patrimoniali al paziente, che possono essere anche molto gravi, come ad esempio in caso di errore ostetrico e ginecologico o di errore del chirurgo plastico ed estetico.

Per ottenere un risarcimento del danno il paziente è tenuto a dimostrare il pregiudizio subito, anche tramite presunzioni, in base alle proprie condizioni di salute e al grado di necessarietà del trattamento effettuato. (Cassazione sentenza n.7248 del 2018).

Quando si subisce un danno alla salute, per via di complicazioni non imprevedibili di un trattamento terapeutico eseguito in maniera corretta, ma senza aver dato precedentemente al malato informazioni sulle sue possibili conseguenze, il risarcimento del danno biologico viene riconosciuto al paziente quando lo stesso riesce a dimostrare, anche in via presuntiva che, se informato correttamente, non si sarebbe sottoposto all’intervento oppure avrebbe affrontato il periodo successivo l’intervento con maggiore e migliore predisposizione ad accettarne le potenziali conseguenze (Cassazione sentenza n.2369 del 2018).

Condizione affinché il danno non patrimoniale possa considerarsi risarcibile è che rispetti i requisiti di gravità stabiliti dalle Sezioni Unite nelle sentenze n.26972 e 26975 del 2008 di San Martino e cioè che il pregiudizio superi la soglia di un predeterminato limite minimo di tollerabilità, in base a parametri di coscienza sociale in precisi momenti storici.

Nel caso in cui l’intervento sia stato eseguito in maniera corretta e quindi non sia stato procurato al paziente un danno alla salute, il danno da lesione del diritto di autodeterminazione potrà essere comunque risarcito in via equitativa.

Come visto precedentemente, spetta invece al medico e alla struttura sanitaria, per liberarsi da queste responsabilità e dagli obblighi risarcitori, l’onere di dimostrare di aver ottenuto il consenso informato da parte del paziente.

 

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Obblighi del medico e della struttura

Come previsto dalla legge n.219 del 2017 (legge sul biotestamento) è compito della struttura sanitaria, pubblica o privata, occuparsi della corretta attuazione e della proposta al paziente del consenso informato, mentre spetta all’equipe medica rendere comprensibili ed utili al malato le informazioni presenti al suo interno.

La stessa legge, al comma 3, prevede che all’interno del consenso informato siano presenti informazioni complete, comprensibili ed aggiornate riguardo a:

  • diagnosi;
  • prognosi;
  • rischi e benefici del trattamento individuato come più utile al paziente;
  • possibili alternative;
  • conseguenze di un eventuale rifiuto a sottoporsi al trattamento.

Il paziente ha la facoltà di rinunciare al suo diritto di ricevere tali informazioni o anche di delegare un familiare o una persona di fiducia a riceverle al suo posto e ad esprimere il consenso in sua vece.

Il consenso informato, la rinuncia o un’eventuale delega di un terzo soggetto saranno registrati nella cartella clinica del paziente e nel suo fascicolo elettronico.

Spetta poi, come detto, al medico e alla sua equipe sanitaria rendere comprensibili tutte queste informazioni al paziente o alla persona delegata.

Le informazioni devono essere date al paziente, attraverso un rapporto di cura e fiducia tra medico e malato e devono consentirgli di prendere una decisione libera, consapevole ed in maniera autonoma.

Anche per le prestazioni odontoiatriche potenzialmente o particolarmente lesive il medico è tenuto ad informare adeguatamente i propri pazienti sulle caratteristiche e sui rischi dell’intervento, in caso contrario rischia di incorrere in una richiesta di risarcimento danni per errore del dentista.

Il medico, per essere esente da qualsiasi responsabilità civile o penale, è obbligato ad informare il paziente e a rispettare una sua eventuale volontà di non voler sottoporsi al trattamento sanitario, mentre non ha obblighi professionali qualora il malato esiga trattamenti contrari alla legge o alla deontologia professionale.

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