I casi di malasanità non riguardano solo gli errori e le omissioni commessi durante la prestazione sanitaria.

Come vedremo in questo articolo, infatti, anche un ritardo ingiustificato della prestazione costituisce un inadempimento contrattuale, e il paziente danneggiato in questi casi ha diritto ad un risarcimento danni per malasanità.

Vedremo insieme quando si configura un ritardo ingiustificato della prestazione sanitaria, come dimostrare l’inadempimento contrattuale e quando è possibile ottenere un ristoro per i danni subiti.

Responsabilità contrattuale della struttura sanitaria

Il rapporto che si instaura tra un paziente e la struttura sanitaria è fondato sul cosiddetto contratto di prestazione d’opera atipico di spedalità.

Tale rapporto di natura contrattuale impone alla struttura di fornire al paziente, che lì si rivolge, una prestazione complessa di assistenza sanitaria, mettendo a sua disposizione spazi salubri, macchinari in linea con la tecnologia del momento, farmaci, personale medico e paramedico sufficiente in numero e tecnicamente efficiente e garantendo tempestività d’azione.

Quando al paziente non vengono fornite queste prestazioni si ha quindi un inadempimento contrattuale e, secondo quanto stabilito dall’articolo 1218 del Codice civile, il debitore che non esegue la prestazione dovuta è tenuto a risarcire i danni provocati, salvo quando riesca a dimostrare che l’inadempimento sia stato provocato da una causa a lui non imputabile.

Trattandosi di responsabilità contrattuale, come ribadito dalla Cassazione con la sentenza n.975 del 2009, spetta al danneggiato dimostrare l’esistenza del contratto, l’aggravamento delle proprie condizioni di salute, l’inadempimento della struttura ed il nesso causale tra questi ultimi.

Non è quindi necessario per il danneggiato dimostrare la sussistenza del dolo o della colpa, in quanto nella responsabilità contrattuale si applica il principio della presunzione di colpa. Spetta infatti al debitore, per liberarsi dalla responsabilità, l’onere di dimostrare che non è stato possibile eseguire la prestazione per cause a lui non imputabili o che non ci sia stato alcun inadempimento.

La struttura sanitaria risponde per responsabilità contrattuale, non solo per proprie carenze organizzative e strutturali (ad esempio per disorganizzazione dei turni di medici e infermieri, strumenti inadeguati o macchinari non funzionanti), ma anche per i fatti del proprio personale dipendente o ausiliario, così come stabilito anche dall’articolo 28 della Costituzione.

 

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Responsabilità per ritardo della prestazione

Per ritardo della prestazione non si intendono solo i danni causati da una diagnosi tardiva della patologia, ma anche quando un intervento sanitario viene ritardato per motivi ingiustificati.

Ad esempio, nella sentenza n.16936 del 2021, la Corte di Cassazione si è espressa in merito ad un caso di un paziente ricoverato d’urgenza in stato di coma per un sospetto ematoma subdurale, il cui intervento chirurgico è stato differito per la sopravvenienza di un caso ritenuto dall’ospedale più grave.

Data la gravità della situazione, i familiari del paziente hanno deciso di trasferirlo immediatamente presso una clinica privata, dove è stato eseguito un intervento con successo.

Tale ritardo ingiustificato non ha provocato danni fisici al paziente, ma l’operazione presso l’istituto privato è costata quasi ventimila euro.

Il paziente ha quindi richiesto un rimborso di quanto pagato alla Regione perché, a suo dire, tale costo è stato provocato da un inadempimento della struttura sanitaria pubblica.

Anche la Corte è stata dello stesso parere del danneggiato, ritenendo che l’intervento fosse urgente per evitare danni irreparabili e che il suo rinvio fosse ingiustificato, in base alle circostanze fattuali e documentali analizzate.

L’Azienda ospedaliera, non avendo fornito prova liberatoria, dimostrando che il ritardo della prestazione non fosse ad essa imputabile, è stata quindi condannata a farsi carico dei costi sostenuti dal paziente per l’intervento effettuato nella clinica privata.

 

Risarcimento danni per ritardata prestazione sanitaria

Quando a causa di un’azione o un’omissione colposa del personale sanitario o della struttura ospedaliera si ha un peggioramento del proprio stato di salute, il danneggiato ha diritto ad ottenere un risarcimento per il danno iatrogeno differenziale.

Il danno iatrogeno differenziale consiste nel peggioramento di una lesione o di una patologia preesistente causato da un errore colposo (o doloso) di un sanitario.

Quindi, qualora il ritardo di una prestazione sanitaria abbia provocato un aggravamento della malattia del paziente altrimenti evitabile, questi, una volta dimostrato l’omissione o l’azione colposa dei sanitari e il nesso causale tra l’inadempimento e il peggioramento del proprio stato di salute, ha diritto ad un risarcimento.

Per dimostrare l’inadempimento medico e il nesso eziologico tra questo e i danni riportati è consigliabile affidarsi ad un avvocato esperto in malasanità, che, grazie all’ausilio di un medico legale di parte, ci aiuterà a ricostruire dettagliatamente la vicenda per verificare eventuali responsabilità del personale medico o della struttura sanitaria, tramite la raccolta e l’analisi di tutta la documentazione inerente al caso (cartella clinica, esami, referti, ecc.).

La struttura sanitaria, come abbiamo visto precedentemente, per liberarsi dalla responsabilità contrattuale deve dimostrare che il ritardo della prestazione sia stato dovuto a cause ad essa non imputabili, e cioè che l’inadempimento sia stato causato da un evento imprevedibile ed inevitabile, pur adottando l’ordinaria diligenza (Cassazione, sentenza n.18392 del 2017).

 

Calcolo del risarcimento da malasanità

L’ammontare del risarcimento del danno iatrogeno differenziale è pari alla differenza tra l’importo stabilito per la percentuale d’invalidità complessiva riscontrata a seguito dell’errore medico e l’importo disposto per il grado d’invalidità permanente preesistente o che si sarebbe comunque residuato anche in assenza di errore (Cassazione, sentenze n.8551 e n.6341 del 2017).

Per chiarire il criterio di calcolo da utilizzare facciamo un esempio:

  • un paziente di 30 anni riporta una menomazione quantificabile in 15 punti di invalidità;
  • a seguito di un ritardo ingiustificato di una prestazione sanitaria subisce un aggravamento della propria patologia, riportando un’invalidità permanente valutata tramite una perizia medico legale con 25 punti;
  • l’importo del risarcimento previsto per un’invalidità del 25% e un’età di 30 è al momento quantificato con 114.326 euro, mentre per un’invalidità del 15% (menomazione preesistente) è pari a 46.423 euro;
  • il risarcimento del danno iatrogeno differenziale sarà quindi pari alla differenza tra i precedenti importi, ossia 67.903 euro (114.326 – 46.423).

Le tabelle del Tribunale di Milano sono le più utilizzate per quantificare l’importo del risarcimento del danno non patrimoniale da malasanità, perché considerate le più idonee a garantire equità nella liquidazione.

Nel caso in cui l’inadempimento della struttura sanitaria abbia provocato al paziente conseguenze tali (morte o macrolesioni invalidanti) da causare dei pregiudizi (patrimoniali e non) pure ai suoi congiunti è previsto anche un risarcimento danni da malasanità per i familiari della vittima.

Il risarcimento in favore dei congiunti del danneggiato è previsto, sia per i danni iure proprio (risarcimento del danno riflesso), sia per i danni iure hereditatis (pregiudizi patiti dalla vittima dell’illecito, ma il cui diritto al risarcimento è trasmesso ai suoi eredi a seguito di decesso).

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