Ai sensi dell’articolo 2087 del Codice civile, il datore di lavoro, in base alle peculiarità dell’attività da svolgere, all’esperienza e alla tecnica, è tenuto ad adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità psicofisica dei suoi dipendenti.

In base a quanto stabilito dall’articolo 18 del D.lgs. n.81 del 2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro), il datore di lavoro ha l’obbligo di mettere a disposizione dei suoi prestatori i dispositivi di protezione individuale (DPI) idonei e necessari.

Per DPI si intende qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa concretamente costituire una barriera, anche limitata o ridotta, a protezione da qualsiasi rischio per la sicurezza e la salute del lavoratore.

In questo articolo vedremo cosa accade quando il datore non fornisce i DPI ai lavoratori, in caso di un’omessa manutenzione dei dispositivi o di una fornitura errata o non idonea.

Se il datore di lavoro non fornisce i DPI o non vigila sul loro impiego

Ai sensi dell’articolo 87 del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro, il datore di lavoro che non mette a disposizione dei lavoratori le attrezzature adeguate alle attività da svolgere e necessarie a salvaguardare la salute e la sicurezza, è punito con la pena dell’arresto da tre e a sei mesi o con un’ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro.

Secondo l’articolo 75 del TUSL, i DPI devono essere impiegati tutte le volte che i rischi non possono essere evitati o sufficientemente limitati da misure tecniche di prevenzione, riorganizzazione del lavoro o da mezzi di protezione collettiva.

In caso di infortunio del lavoratore causato dalla mancanza dei DPI, il datore risponde penalmente dei danni patiti dal suo prestatore.

Ad esempio, nell’ordinanza n.10161 del 2021, la Cassazione ha condannato per il reato di lesioni personali gravi un datore di lavoro per non aver fornito gli idonei dispositivi di protezione al proprio dipendente (nel caso in oggetto, dei guanti di maglia di ferro da indossare per la pulizia di una macchina affettatrice priva di coprifilo).

Il datore di lavoro ha inoltre l’obbligo di sorvegliare continuamente sull’adozione dei dispositivi di protezione da parte di lavoratori e preposti.

La normativa antiinfortunistica ha infatti l’obiettivo di tutelare l’incolumità del lavoratore non solo dai rischi derivanti da incidente, ma anche da quelli che possono originarsi dai suoi stessi comportamenti imprudenti e disattenti, purché connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa.

Perciò, in caso di infortunio causato dall’assenza o insufficienza delle misure di sicurezza non si può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo perché il lavoratore è stato imprudente, disattento o disobbediente, se l’adozione delle idonee misure di prevenzione richieste avrebbero escluso il rischio di tali comportamenti.

Nella sentenza n.1829 del 2010, la Cassazione Penale ha rigettato il ricorso di un datore di lavoro, condannato in appello per il reato di omicidio colposo per un infortunio mortale sul lavoro di un suo dipendente, commesso con violazione di specifiche normative antinfortunistiche, confermando la colpevolezza dell’imputato in ordine al reato ascrittogli.

Nel caso in oggetto un operaio stava lavorando in quota su un cestello elevatore all’ingresso di una galleria aperta al pubblico per intervenire su dei quadri elettrici. Il braccio telescopico che reggeva il cestello invadeva la corsia di destra e veniva urtato da un camion sopraggiungente a bassa velocità.

Lo spostamento improvviso del cestello a seguito della collisione fece cadere l’operaio da un’altezza di quasi quattro metri; a seguito delle gravi lesioni riportate ne conseguì il decesso.

Secondo le testimonianze degli operai della ditta, era prassi non utilizzare i DPI in caso di lavori di breve durata, in particolare le cinture di sicurezza.

Cinture che avrebbero sicuramente evitato la caduta al suolo dell’operaio e quindi la sua morte.

Per la condotta imprudente posta in essere dall’operaio (mancato uso delle cinture) è stata riconosciuto un concorso di colpa del lavoratore nella misura del 30%.

Mentre il datore, per suo comportamento omissivo sotto il profilo del controllo previsto dalle norme antiinfortunistiche, è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di omicidio colposo e al risarcimento ai familiari per morte sul lavoro del proprio caro.

 

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Risarcimento al lavoratore per omessa manutenzione e lavaggio dei DPI

Ai sensi dell’articolo 377 del DPR n.547 del 1955, il datore di lavoro è tenuto a mettere a disposizione dei lavoratori dispositivi personali di protezione appropriati ai rischi inerenti alle attività e lavorazioni effettuate.

La norma prosegue specificando che tali mezzi di protezione devono avere i necessari requisiti di resistenza e devono essere mantenuti in buono stato di conservazione.

L’articolo 43 del D.lgs. n.626 del 1994 ribadisce che, il datore di lavoro è tenuto a mantenere in efficienza i DPI e ad assicurarne le condizioni di igiene mediante la manutenzione.

Il datore ha perciò l’obbligo di lavaggio e manutenzione dei dispositivi di protezione individuale.

In caso di omessa manutenzione, al lavoratore spetta un risarcimento dei danni da inadempimento.

Anche il lavaggio degli indumenti di lavoro, inquadrabili nella categoria dei DPI, è a carico del datore di lavoro.

Come abbiamo visto ad inizio articolo, per dispositivo di protezione individuale non si intendono solo le attrezzature appositamente create e commercializzate per proteggere il lavoratore da specifici rischi alla salute in base a caratteristiche tecniche certificate, ma qualsiasi attrezzatura o accessorio che possa costituire una protezione per la sicurezza e la salute del medesimo (Cassazione, sentenze n.10128 del 2023 e n.18656 del 2023).

Nelle citate sentenze è stata accolta la domanda di risarcimento di un operatore ecologico e di un operatore ferroviario per il mancato lavaggio e l’omessa manutenzione degli abiti da lavoro da parte del datore, in quanto qualificabili dalla Corte come DPI (si trattava di indumenti ad alta visibilità con colori fluorescenti, vestiti impermeabili contro le intemperie e guanti di protezione).

 

Infortunio del lavoratore per DPI non idonei

Ai sensi dell’articolo 76 del D.lgs n.81 del 2008 i DPI, che il datore di lavoro è tenuto a mettere a disposizione dei propri lavoratori, devono:

  • essere adatti ai rischi da prevenire;
  • essere idonei alle condizioni del luogo di lavoro;
  • essere conformi alle norme antiinfortunistiche;
  • poter essere adattati dal lavoratore in base alle proprie necessità;
  • tenere conto delle condizioni di salute e delle esigenze ergonomiche dell’utilizzatore;
  • in caso di utilizzo simultaneo di più dispositivi, essere tra loro compatibili e mantenere la propria efficacia.

Spetta al datore di lavoro inoltre, ai sensi dell’articolo 77 dello stesso Decreto, individuare i DPI più adeguati in base all’entità del rischio, alle caratteristiche del luogo di lavoro e alla frequenza di esposizione, ovviamente rispettando le specifiche esigenze e i requisiti sopracitati.

In caso di infortunio sul lavoro per strumenti difettosi o inadatti, quindi, il datore di lavoro può essere ritenuto colpevole del reato di lesioni personali.

Ad esempio, nella sentenza n.25040 del 2021, la Cassazione ha condannato il titolare di una ditta a seguito di un infortunio patito da un suo dipendente durante un’attività in quota, perché la scala in alluminio messa a sua disposizione non è stata ritenuta idonea a garantire le condizioni di sicurezza, in quanto a causa della scarsa stabilità della stessa era necessario che l’operaio dovesse tenersi con una mano alla scala per non perdere l’equilibrio.

Secondo il parere dei giudici, un’attrezzatura idonea, stabile, che consentisse quindi al lavoratore di lavorare con entrambe le mani, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento lesivo.

Ricordiamo che il lavoratore ha sempre diritto ad un indennizzo INAIL per infortunio sul lavoro quando l’evento si sia verificato in occasione di lavoro; qualora sia ravvisata una colpa in capo al datore di lavoro in ragione di un fatto illecito da lui commesso, il prestatore ha diritto anche al risarcimento del danno differenziale.

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