Disciplinato dall’art. 595 del codice penale, il reato di diffamazione consiste nell’offesa dell’altrui reputazione effettuata comunicando con più persone. Il soggetto diffamato ha diritto ad un risarcimento dei danni patiti.

Si differenzia dall’ingiuria (da poco depenalizzata) in quanto il reato si configura quando il soggetto offeso non è presente o non è in grado di percepire l’offesa. In poche parole si parla di diffamazione quando lo si fa alle spalle della persona offesa.

Quando possiamo ritenerci vittima di diffamazione?

Quando una dichiarazione di un soggetto, ascoltata da più persone, è in grado di ledere il nostro onore e il nostro decoro, sia sotto il profilo personale, sia professionale, e chi ci offende lo fa in nostra assenza, allora possiamo ritenerci vittima di diffamazione (esempi di frasi diffamatorie: “è una persona inaffidabile, disgraziata”, ecc., oppure nell’ambito professionale: “come medico è incompetente, ruba ai clienti”, ecc.).

La diffamazione infatti, presuppone che l’ingiuria venga percepita da altri e sia in grado di ledere la nostra dignità. Se in una stanza una persona ci offende direttamente, faccia a faccia, allora si tratta di mera ingiuria, che penalmente, al contrario della diffamazione, non è rilevante.

Il requisito della pluralità di persone presente nella norma del codice penale risulta soddisfatto anche in presenza non contestuale di almeno due persone (ad esempio tramite il passaparola).
Il reato penale di diffamazione è punito con un periodo di reclusione fino ad un anno o una multa fino a 1.032 euro.

La pena raddoppia quando al soggetto vittima dell’offesa gli si attribuisce un fatto determinato (ad esempio un tradimento) e arriva fino a 3 anni di reclusione quando l’azione diffamatoria è recata a mezzo stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (ad esempio internet e social network).

 

Se vengo insultato pubblicamente sui social network (es. Facebook) posso richiedere un risarcimento per diffamazione?

La diffamazione a mezzo social network è considerata equivalente alla diffamazione a mezzo stampa, quindi particolarmente grave, perché in grado di essere ampiamente diffusa ed avere quindi grande risonanza, così come stabilito dal comma 3 dell’articolo 595 del codice penale.

Se il fatto lesivo è provato in tutti i suoi elementi (quindi oggettivo: le frasi sono effettivamente offensive, e soggettivo: pronunciate con colpa, ovvero con la consapevolezza di offendere) vi è diritto ad un risarcimento dei danni subiti.

La misura del risarcimento dipende dalla gravità dell’offesa diffamatoria ed è stabilita secondo i criteri delle Tabelle dell’Osservatorio della Giustizia Civile di Milano.

 

Cosa fare per denunciare la diffamazione ed ottenere un risarcimento danni?

La diffamazione è punibile attraverso una querela della persona offesa che deve essere presentata, oralmente o per iscritto, al pubblico ministero, alla Polizia giudiziaria o in un ufficio consolare se si risiede all’estero. Il termine di prescrizione è di 3 mesi dal momento in cui si prende atto dell’offesa subita.

Nelle more del procedimento penale così incardinatosi, la parte offesa ha la facoltà di costituirsi parte civile sino alla data della prima udienza al fine di ottenere un risarcimento del danno subito o, in alternativa, può chiedere un risarcimento sia del danno non patrimoniale (biologico, morale soggettivo ed esistenziale) sia del danno patrimoniale (danno emergente e lucro cessante ed eventuali spese per contenere gli effetti della diffamazione) con un’azione davanti al giudice civile, senza bisogno di presentare querela ed evitare così l’azione penale.

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Come calcolare il risarcimento danni da diffamazione ?

Recentemente l’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano ha stabilito dei criteri orientativi per determinare in maniera equitativa il risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa o attraverso altri strumenti di comunicazione di massa (ad esempio internet e social network: Facebook, Twitter, Instagram, ecc.).

Per questi criteri sono state raccolte 89 sentenze ed individuati dei parametri per stabilire la gravità del reato di diffamazione e gli importi per la liquidazione del danno. Sono state quindi stabilite cinque tipologie di diffamazione con relativi criteri orientativi per il risarcimento equitativo del danno.

La gravità della diffamazione e relativo risarcimento sono stabiliti in base ai seguenti parametri:

  • notorietà del diffamante e ruolo istituzionale o professionale del diffamato;
  • natura, intensità e reiterazione della condotta diffamatoria e le sue conseguenze sulla vita quotidiana ed attività professionale del diffamato;
  • il mezzo con cui è stata diffusa l’offesa e la sua collocazione;
  • la diffusione e la risonanza mediatica suscitata dalla notizia diffamatoria;
  • eventuali reputazioni già compromesse o limitata riconoscibilità della persona offesa;
  • eventuali rettifiche o dichiarazioni correttive da parte del soggetto diffamato.

A seconda dell’entità dei precedenti parametri si possono stabilire diversi gradi di gravità di diffamazione, a cui corrispondono relativi importi dei danni liquidabili:

  • tenue gravità: risarcimento da 1.000,00 a 10.000,00 euro;
  • modesta gravità: da 11.000,00 a 20.000,00 euro;
  • media gravità: da 21.000,00 a 30.000,00 euro;
  • elevata gravità: da 31.000,00 a 50.000,00 euro;
  • eccezionale gravità: oltre 50.000,00 euro.

Ad esempio a parametri come una limitata notorietà del soggetto diffamante, una modesta diffusione delle offese ed una loro assenza di risonanza mediatica, corrisponde, secondo l’Osservatorio di Milano, una diffamazione di modesta gravità.

Il risarcimento, stabilito dal giudice, sarà quindi nel suo ammontare compreso tra gli 11.000,00 e i 20.000,00 euro.

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