In caso di incidenti stradali mortali, infortuni mortali sul lavoro o decessi per malasanità, i familiari delle vittime hanno diritto ad ottenere un risarcimento per le sofferenze patite a causa della perdita subita.

In particolari casi i parenti ereditano anche il diritto al risarcimento del defunto, per la sofferenza fisica e psichica da esso patita prima di morire.

Uno dei casi in cui il diritto è trasmissibile iure hereditatis è rappresentato dal danno tanatologico.

Cosa è il danno tanatologico? La definizione

Per danno tanatologico si può intendere la sofferenza patita da una persona prima di morire a causa di lesioni fisiche derivanti da un illecito di un terzo.

Secondo la nostra giurisprudenza si configura il danno tanatologico a prescindere dal lasso di tempo trascorso tra il sinistro ed il decesso.

Il criterio per la quantificazione di questa tipologia di danno è il grado di sofferenza patito dalla vittima, inteso come danno morale e di lucida agonia, per il consapevole avvertimento di essere prossimo alla propria fine.

Nella sentenza della Cassazione n.20292 del 2012, la Corte ha stabilito che non si può parlare di danno tanatologico quando il decesso sia avvenuto nel momento stesso della lesione personale.

Se la morte sopraggiunge in concomitanza con le lesioni provocate dall’atto illecito di un terzo, allora non si configura il cosiddetto danno tanatologico, perché la vittima non ha avuto il tempo di prendere consapevolezza della sua fine imminente e quindi non ha patito le sofferenze prima descritte.

 

Il risarcimento del danno tanatologico secondo le Sezioni Unite

Il risarcimento del danno tanatologico, secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n.15350 del 2015, non può essere riconosciuto agli eredi del congiunto quando la morte sia avvenuta nel momento stesso dell’incidente o entro un brevissimo lasso di tempo.

Il motivo di tale decisione consiste nel fatto che i danni entrano nel patrimonio del danneggiato, quindi possono essere trasferiti iure hereditatis ai parenti, solo quando il medesimo è in vita.

Una volta sopraggiunto il decesso, cessa anche l’esistenza di un soggetto di diritto e la sua relativa capacità giuridica.

Dello stesso avviso la Cassazione nella sentenza 13537 del 2014, nella quale viene chiarito che le sofferenze e i timori di morire, caratteristiche del danno tanatologico, esistono e quindi possono essere oggetto di risarcimento, soltanto quando la vittima abbia avuto la consapevolezza che la propria fine fosse imminente.

La giurisprudenza ad oggi non ha ancora definito dei criteri assoluti sulla risarcibilità o meno del danno tanatologico, sull’esatta definizione di “brevissimo lasso di tempo” e su come determinare la consapevolezza della vittima.

Considerata la complessità nello stabilire questi criteri, le valutazioni sulla risarcibilità di questa specifica tipologia di danno vengono effettuate in base a diversi elementi, di caso in caso.

 

La recente sentenza della Cassazione

In una recente sentenza della Cassazione, la numero 26727 del 23 ottobre 2018, è stato riconosciuto, agli eredi della vittima, il risarcimento del danno tanatologico o anche detto danno catastrofale.

Il caso riguarda un ciclista investito che è deceduto poco dopo il suo arrivo in ospedale.

Il decesso del congiunto è avvenuto trascorse quasi due ore dal momento del sinistro, tuttavia lo stesso ha conservato fino agli ultimi istanti una perfetta lucidità, confermata anche dalle testimonianze degli operatori sanitari giunti in soccorso e a cui il danneggiato rispondeva alle domande che gli venivano poste riguardo la cronologia degli urti.

La vittima di questo incidente stradale svolgeva inoltre la professione di medico e, secondo la Corte, questo ulteriore elemento ha eliminato ogni dubbio sulla consapevolezza del danneggiato riguardo la propria morte imminente.

Il danneggiato ha quindi oggettivamente patito forti sofferenze e timori per il sopraggiungere della morte, per la lucida agonia e per l’imminente ed inevitabile abbandono dei propri cari; danni da considerare e valutare sia dal punto di vista biologico, sia dal punto di vista psicologico e morale.

Visti e considerati tali elementi, la Cassazione ha stabilito che in questo caso non può essere escluso il diritto al risarcimento del danno tanatologico, secondo quanto stabilito dall’articolo 2043 del Codice Civile, in materia di risarcimento per fatto illecito.

Tale diritto è sorto quando il danneggiato era ancora lucido e dotato di capacità giuridica, di conseguenza è trasmissibile iure hereditatis ai prossimi congiunti, nel caso in esame alla moglie e alle figlie.

 

Calcolo danno tanatologico

Il danno tanatologico, da lucida agonia o danno catastrofale, insieme al danno biologico terminale fanno parte del cosiddetto danno terminale.

Tutte queste voci appena elencate rientrano nel calcolo del danno terminale e non possono essere risarcite separatamente ed autonomamente, in modo da evitare il rischio di duplicazioni risarcitorie.

Per il calcolo del danno tanatologico si possono quindi utilizzare le tabelle del tribunale di Milano relative al danno terminale, le quali garantiscono principi liquidativi omogenei nel determinare il risarcimento per ogni sofferenza fisica e psichica patita dalla vittima prima del decesso.

Il risarcimento viene quantificato in base ai giorni trascorsi tra il sinistro e la morte; secondo i medici legali interpellati durante la stesura delle tabelle, il danno terminale raggiunge il suo picco nel periodo subito dopo l’incidente, per poi diminuire col passare del tempo.

Come è possibile vedere nell’utility per il calcolo del danno terminale, al giudice è data la facoltà di poter disporre un aumento del risarcimento (personalizzazione del danno) quando vengano riscontrate concrete peculiarità nel caso in oggetto.

 

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Termini di prescrizione del danno tanatologico

In base a quanto stabilito dall’art.2947 del Codice civile, il diritto al risarcimento di un danno causato da un fatto illecito si prescrive in cinque anni dal momento in cui si è verificato l’illecito.

In caso invece di danni verificatisi a causa di un incidente stradale, i termini di prescrizioni si riducono a due anni.

Infine, la stessa norma conclude specificando che, qualora l’illecito subito sia considerato un reato dal nostro ordinamento, i termini di prescrizioni stabiliti per l’azione penale, se più lunghi, saranno applicati anche all’azione civile per la richiesta di un risarcimento danni (ad esempio in caso di omicidio stradale).

 

Risarcimento per la perdita del congiunto

Nei paragrafi precedenti abbiamo visto quando è possibile ereditare il diritto al risarcimento per le sofferenze patite dalla vittima per colpa dell’illecito subito (iure hereditatis).

Di seguito vedremo invece quale risarcimento spetta ai familiari della vittima, per le sofferenze psicofisiche da loro patite a causa del decesso del congiunto (iure proprio).

Questo danno biologico iure proprio viene definito danno da perdita parentale o più comunemente danno parentale e consiste in un risarcimento a favore di ciascun familiare che avesse con il congiunto un rapporto stabile, di una certa rilevanza e prolungato nel tempo.

Per quantificare l’entità del risarcimento vengono utilizzate le tabelle del tribunale di Roma sul danno parentale.

I fattori che influiscono sull’entità del danno parentale sono l’età della vittima e del congiunto, il grado di parentela, la convivenza e l’assenza o meno di altri familiari.

Oltre a questi danni di natura non patrimoniale, ai familiari della vittima spetta anche il risarcimento di tutti i pregiudizi economici e reddituali sofferti a causa del decesso del proprio congiunto.

Questi pregiudizi rientrano nella categoria dei danni patrimoniali da lucro cessante e danno emergente.

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