Quando un minore di diciotto anni procura un danno a terzi a causa di un fatto illecito (incidenti stradali in bicicletta, microcar o motorino, lesioni a compagni di scuola, danni materiali a cose altrui, ecc.), chi è il responsabile e quindi deve pagare il risarcimento?

Il minore di età non può essere chiamato in prima persona per il risarcimento dei danni cagionati a terzi, quindi chi se ne deve fare carico?

La risposta più scontata è sicuramente i genitori, ma non è sempre così e in questo articolo vedremo il perché.

La responsabilità dei genitori

Secondo quanto stabilito dall’articolo 2048 del Codice civile, i genitori, o il tutore sono responsabili dei danni cagionati dai figli minori non emancipati o dalle persone soggette a tutela, che convivono con essi.

Il padre e la madre rispondono sempre in solido, di conseguenza il danneggiato può rivolgersi indifferentemente sia all’uno che all’altro, chiedendo a ciascuno una parte o l’intero risarcimento dei danni subiti.

La stessa norma termina specificando che per liberarsi dalla responsabilità dei danni cagionati dal fatto illecito dei minori è necessario dimostrare di non aver potuto impedire l’evento.

Leggendo la norma si notano due requisiti necessari affinché la responsabilità per i danni cagionati dal minore sia addossata ai genitori: l’emancipazione e la convivenza.

Il minore emancipato, per il nostro ordinamento giuridico, è la persona minorenne con almeno 16 anni di età che non è più soggetto alla potestà dei propri genitori perché sposato.

Il secondo requisito è che il minore debba abitare con i genitori, in quanto la convivenza è condizione necessaria affinché i genitori, o il tutore possano esercitare con efficacia i propri doveri di vigilanza ed educazione.

Quando sono soddisfatti entrambi i requisiti perciò, in caso di danni cagionati dal minore, il risarcimento va richiesto ai genitori, per non aver vigilato sulla condotta del proprio figlio e per non avergli impartito una corretta educazione (culpa in vigilando e in educando).

Per liberarsi da tale responsabilità, come visto in precedenza, è necessario provare che non era possibile impedire il fatto illecito del minore.

Ricordiamo che quanto detto sopra riguarda esclusivamente la responsabilità civile; la responsabilità penale è infatti personale, perciò le conseguenze penali (come la reclusione) non possono ricadere sui genitori, ma rimangono a carico del minore responsabile del reato.

Mentre le conseguenze civili del reato, come appunto il risarcimento dei danni, come determinato dall’articolo 2048, sono a carico del padre e della madre qualora il minore non possa far fronte al pagamento.

 

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Responsabilità degli insegnanti

Lo stesso articolo 2048 del Codice civile, visto in precedenza, stabilisce che anche i precettori e coloro che insegnano un’arte o un mestiere (maestri) sono responsabili dei danni provocati dal fatto illecito dei loro allievi ed apprendisti durante il periodo in cui sono sotto la loro vigilanza.

Per precettore la norma intende il soggetto al quale viene affidato un allievo, per un periodo di tempo limitato di alcune ore al giorno o alla settimana, per ragioni di istruzione ed educazione.

Rientrano quindi in questa categoria tutto il personale docente, pubblico e privato, di qualsiasi rango, indipendentemente dal loro titolo o dalla durata del loro incarico, i catechisti, i volontari dei centri estivi, gli istruttori di scuola guida, i collaboratori scolastici, ecc.

Con il termine maestro il legislatore intende invece la persona presso la quale l’allievo esercita un’attività di apprendistato: un mestiere, una professione o un’arte.

Anche i precettori e i maestri, come i genitori, possono liberarsi dalla responsabilità dei danni cagionati dai minori a loro affidati quando riescono a dimostrare di non aver potuto impedire il fatto.

Quindi per sintetizzare, per via degli obblighi di protezione e vigilanza, quando un minorenne viene affidato ad un istituto scolastico, questo risponde dei danni provocati dal ragazzo da quando entra fino a quando esce dalla scuola.

Infatti la responsabilità non è limitata alle sole ore di lezione, ma il dovere di vigilare e garantire la sicurezza degli alunni si estende anche alla ricreazione, ai corsi pomeridiani, alle gite scolastiche e a tutto il tempo trascorso dagli studenti all’interno dei locali dell’istituto.

Ad esempio, se durante la ricreazione un alunno provoca dolosamente o colposamente delle lesioni fisiche ad un compagno, il risarcimento dei danni è da richiedere alla scuola e all’insegnante che in quel momento aveva i bambini sotto la propria custodia e vigilanza e non ai genitori del minore responsabile.

Per approfondimenti su questo argomento consigliamo la lettura degli articoli su chi paga il risarcimento per gli infortuni a scuola e sulle responsabilità e il risarcimento per gli infortuni in asilo, scuola materna e nido.

 

Impossibilità di impedire il fatto

Come accennato nei precedenti paragrafi la responsabilità dei genitori e degli insegnanti è sempre presunta, ma è consentita la prova contraria.

Per liberarsi dall’obbligo risarcitorio dei danni cagionati dal minore è necessario infatti dimostrare che non era possibile impedire il fatto illecito, pur adottando la corretta diligenza nella vigilanza e nell’educazione del figlio o studente.

Come ribadito anche dalla Corte di Cassazione però, entrambi i genitori hanno comunque nei confronti dei figli degli obblighi di istruzione, assistenza ed educazione (art. 147 codice civile); di conseguenza anche qualora il fatto illecito risultasse inevitabile, se tali doveri non risultassero correttamente adempiuti, il padre e la madre sarebbero comunque chiamati a rispondere dei danni causati dal figlio, se questi sono consequenziali a questo inadempimento.

Nella sentenza n.245 del 2015 del Tribunale di Trento ad esempio è stata ribadita la responsabilità diretta dei genitori per il fatto illecito commesso dal proprio figlio per la violazione colposa degli obblighi previsti dall’articolo 147 del codice civile, ossia per non aver vigilato ed impartito una corretta educazione al minore (culpa in educando).

Come specificato dalla Cassazione nella sentenza n.2518 del 2005, l’inefficacia dell’educazione impartita dai genitori ai figli si può desumere anche dallo specifico comportamento causativo del danno (nel caso in oggetto: la guida spericolata di un ciclomotore).

Per quanto riguarda gli insegnanti, la responsabilità presunta è invece per culpa in vigilando, ossia per l’inadempimento dell’obbligo di sorveglianza sugli alunni.

Per liberarsi da tale responsabilità l’insegnante deve provare il caso fortuito, cioè che l’evento lesivo sia stato straordinario, imprevedibile e non superabile con la diligenza richiesta in relazione al caso concreto (l’età degli allievi, le condizioni ambientali, ecc.).

Come specificato dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n.997 del 1973, il precettore, per essere esonerato dalla responsabilità, deve dimostrare di aver adottato preventivamente tutte le misure idonee ad evitare la situazione di pericolo che ha contribuito alla commissione del fatto dannoso.

Nella sentenza in oggetto la Corte ha ritenuto che la presenza dell’insegnante avrebbe potuto evitare l’evento dannoso con un immediato intervento nel dividere i due studenti che litigavano ed impedire quindi che la situazione sfociasse in una colluttazione.

Da sottolineare comunque che il dovere di vigilanza dell’insegnante non è assoluto ma è da intendersi relativo e cioè non si traduce nella presenza costante ed ininterrotta del precettore; infatti tale obbligo va rapportato all’età e al grado di maturità degli studenti (Cassazione sentenze n.6937 del 1993 e n.369 del 1980).

In base a questo orientamento si comprende che la sorveglianza deve raggiungere i massimi livelli di attenzione e continuità nella prima classe delle scuole elementari, per poi ridursi con l’avvicinamento degli studenti all’età del pieno discernimento.

 

Culpa in vigilando e in educando

Come abbiamo visto la responsabilità dei danni cagionati dal minore deriva da due diverse presunzioni di colpa:

  • culpa in educando: violazione del dovere dei genitori di educare e formare i propri figli in modo tale da consentirgli un equilibrato sviluppo psico-emotivo, il rispetto degli altri e la capacità di controllare gli istinti (sentenza Cassazione n.18804 del 2009);
  • culpa in vigilando: violazione del dovere di vigilanza e protezione nei confronti dei minorenni da parte dei genitori e degli insegnanti a cui sono stati affidati.

Riguardo queste presunzioni di colpa è necessario specificare che le responsabilità dei genitori e dei precettori non sono tra loro alternative, ma concorrenti.

In altre parole, l’eventuale responsabilità dell’amministrazione scolastica e del personale docente non esclude la responsabilità dei genitori per il fatto illecito commesso dal proprio figlio.

Infatti, come stabilito dalla Cassazione nella sentenza n.12501 del 2000, l’affidamento dei figli minori all’istituto scolastico solleva il genitore esclusivamente dalla presunzione di culpa in vigilando, mentre rimane quella in educando.

Di conseguenza, rimane comunque a carico dei genitori una presunzione di colpa, a meno che dimostrino di aver impartito al proprio figlio l’educazione necessaria ad evitare condotte illecite.

Perciò, il comportamento del minore può essere associato in parte o totalmente ai genitori per culpa in educando; con la conseguenza che questi possano essere chiamati a rispondere in solido con l’istituzione scolastica per il risarcimento dei danni provocati dal fatto illecito del figlio/allievo.

In sintesi alla scuola spetta un dovere di vigilanza e una funzione di istruzione, mentre è compito dei genitori adempiere all’obbligo di educazione; in caso di fatto illecito del minore possono quindi essere entrambi chiamati a rispondere dei danni cagionati da quest’ultimo.

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