Definito e riconosciuto dall’Osservatorio del Tribunale di Milano, il cosiddetto danno terminale comprende il danno biologico terminale (menomazioni all’integrità fisica), il danno da lucida agonia ed il danno catastrofale (sofferenza psichica per la morte imminente).

Tutte queste tipologie fanno parte del danno terminale e non possono essere risarcite autonomamente e separatamente, per evitare duplicazioni risarcitorie.

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Il danno terminale

Il danno terminale è il danno liquidabile iure proprio alla vittima del fatto illecito, per le lesioni mortali riportate, a condizione che la morte avvenga dopo un apprezzabile lasso di tempo (Cassazione sentenza n.1530 del 2015).

Come abbiamo precedentemente visto, il danno terminale ricomprende al suo interno ogni sofferenza fisica e psichica patita dalla vittima (danno biologico e catastrofale).

La nostra giurisprudenza quindi ne disconosce il risarcimento qualora il decesso sia avvenuto immediatamente dopo l’incidente e anzi specifica che per essere considerato come danno risarcibile deve essere trascorso un apprezzabile lasso di tempo tra il sinistro ed il momento del decesso.

Viene considerato lasso di tempo apprezzabile quando la vittima del sinistro abbia avuto il tempo per prendere piena consapevolezza della grave compromissione del suo stato fisico e della fine imminente.

Affinché sia risarcibile il danno terminale quindi, deve essere provata la percezione del decesso imminente da parte del soggetto danneggiato.

Secondo l’Osservatorio del Tribunale, se il soggetto vittima del sinistro dovesse perdere coscienza durante l’incidente ed entrare in coma, non avrebbe la possibilità di prendere consapevolezza del suo stato di salute e di conseguenza il danno terminale non potrebbe essere riconosciuto in fase di risarcimento.

 

Limitazioni temporali

Trattandosi di danno “terminale”, il periodo di tempo risarcibile per questa voce di danno è limitato.

Si è stabilito un periodo di tempo pari a 100 giorni, trascorso il quale il danno terminale non può protrarsi e quindi dopo tale lasso di tempo torna ad essere risarcibile il solo danno biologico temporaneo.

Il danno biologico temporaneo risulta già assorbito all’interno del danno terminale nei primi 100 giorni e di conseguenza non può essere liquidato separatamente dallo stesso per evitare una duplicazione di voci risarcitorie.

 

Risarcimenti delle tabelle di Milano

L’Osservatorio si è riunito, oltre per dare certezze sul piano definitorio, anche per raggiungere dei principi liquidativi omogenei attraverso l’elaborazione di specifiche tabelle.

I medici legali intervenuti hanno convenuto che il danno terminale tende a decrescere col trascorrere del tempo. Il danno raggiunge il suo massimo nel periodo immediatamente successivo il sinistro per poi diminuire col passare dei giorni, trasformandosi, a detta loro, in una fase di adattamento della vittima e in alcuni casi in una speranza di sopravvivere.

In base a queste considerazioni si è stabilito quindi di assegnare ad ogni giorno di sofferenza, una valutazione monetaria decrescente, che eguaglia il valore del danno biologico temporaneo ordinario al raggiungimento del centesimo giorno.

Sempre in riferimento al principio, secondo il quale i primi giorni sono quelli in cui il danno raggiunge i suoi massimi, si è deciso di lasciare al giudice, libertà di personalizzazione del danno terminale per i primi tre giorni.

Questi primi 3 giorni possono essere risarciti secondo valutazioni personalizzate del giudice in base alla gravità eccezionale dell’evento fino ad un tetto massimo stabilito in 30.000 euro.

Dal quarto giorno in poi, la liquidazione del danno sarà comunque personalizzabile, a seconda delle peculiarità concrete del caso (che devono essere necessariamente provate), fino ad un aumento massimo del 50% del valore espresso in tabella.

 

Il danno biologico terminale

Il danno biologico terminale è il danno biologico patito dalla vittima, nel periodo di tempo compreso tra il fatto illecito e il sopraggiungere della morte ed il diritto al risarcimento è trasmissibile iure hereditatis agli eredi della vittima.

Viene quantificato come inabilità temporanea e quindi liquidato in base agli importi massimi previsti per il danno biologico temporaneo assoluto. A differenza del danno terminale, il danno biologico è risarcibile a prescindere dallo stato di coscienza della vittima e della sua comprovata percezione della fine imminente.

Il danno biologico terminale, come detto, è sempre risarcibile agli eredi, in quanto considerato sempre esistente, quando a seguito di un incidente mortale, il decesso della vittima non sia immediato, considerata la percezione, anche non cosciente, da parte del soggetto danneggiato della gravissima lesione subita (Cassazione sentenza n.21060 del 2016).

 

Il danno morale catastrofale

Il risarcimento del danno biologico terminale può essere aumentato, con criteri equitativi puri, qualora la vittima abbia subito anche della sofferenza psichica, conseguente la consapevolezza della compromissione del proprio stato di salute (danno catastrofale, sentenze n.15395 del 2016 e n.23183 del 2014).

Per essere quindi risarcibile il danno catastrofale, o da lucida agonia, necessita che il danneggiato abbia avuto coscienza della propria situazione, tale da comportargli una sofferenza interiore e psichica talmente elevata nella sua intensità ed entità, da esitare nella morte (Cass. sent. n.20915 del 2016).

Anche il risarcimento del danno catastrofale è iure hereditatis, quindi trasmissibile agli eredi della vittima, a condizione che il decesso non sia sopravvenuto immediatamente al sinistro o dopo brevissimo tempo e che la vittima abbia avuto consapevolezza dell’inevitabilità delle conseguenze patite.

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