Chi subisce un incidente stradale, a seconda dell’entità dell’urto, si trova impossibilitato ad utilizzare il proprio veicolo per tutto il tempo necessario per la riparazione.

L’impossibilità temporanea di poter usare il proprio veicolo durante la riparazione viene definito fermo tecnico e questo danno deve essere risarcito da chi ha provocato il sinistro stradale.

In questo articolo vediamo cosa si intende per danno da fermo tecnico e in che modo è possibile dimostrarne l’esistenza ed ottenere un risarcimento dall’assicurazione.

Cosa è il danno da fermo tecnico

Come detto, a seguito di incidente, oltre ai danni patrimoniali da sinistro stradale patiti per far fronte alle spese di riparazione del veicolo sinistrato, il danneggiato subisce degli ulteriori pregiudizi per il fatto di non poter utilizzare il proprio mezzo perché dal meccanico.

Il danno da fermo tecnico è appunto il disagio sofferto dal proprietario per tutto il tempo in cui il proprio veicolo è indisponibile a causa delle riparazioni da effettuare.

L’origine di questo danno nasce dall’osservazione che il veicolo, anche durante il periodo in cui è fermo in officina, ha comunque dei costi fissi che il proprietario deve sopportare come il bollo auto e il premio della polizza assicurativa.

A questo si aggiunge anche la perdita di valore che un veicolo subisce a causa di un incidente stradale.

Il danno da fermo tecnico è di natura patrimoniale e quindi va ad intaccare la sfera economica e reddituale del danneggiato, sia sotto forma di danno emergente (spese vive affrontate per ovviare alla sosta forzata del proprio veicolo), sia come lucro cessante (i mancati introiti provocati dall’impossibilità di usare il mezzo di trasporto; si pensi ad esempio quando questo viene utilizzato per svolgere il proprio lavoro).

 

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L’onere della prova per il danno da fermo tecnico

Fino a qualche anno fa il risarcimento del danno da fermo tecnico veniva riconosciuto al danneggiato in maniera automatica e non era necessario fornire una prova specifica del pregiudizio subito in conseguenza dell’impossibilità di utilizzare il veicolo.

Il danno veniva considerato “in re ipsa” e quindi, il solo fatto di dover far riparare l’auto per un certo periodo di tempo a causa di un incidente stradale, faceva nascere nei confronti del proprietario un diritto ad ottenere anche un risarcimento per il fermo tecnico.

Non era necessario dimostrare l’entità del pregiudizio ed il risarcimento era liquidato in via equitativa, a prescindere dal reale uso che si faceva del veicolo.

Tuttavia dalle sentenze n.20620 del 2015 e n.124 del 2016 l’orientamento della Cassazione è cambiato.

Nelle ultime sentenze infatti, si è stabilito che il danno da fermo tecnico può essere risarcito solo quando specificatamente dimostrato, ossia deve essere concretamente provato il pregiudizio economico conseguente l’impossibilità di utilizzo della vettura incidentata.

Anche nella più recente sentenza n.9348 del 2019, la Cassazione ha aderito a quest’ultimo orientamento, reputando che il danno da fermo tecnico non possa essere desunto semplicemente dall’impossibilità di fruire del mezzo di trasporto perché coinvolto in un incidente.

Secondo la Corte, per ottenere un risarcimento il pregiudizio deve essere allegato e dimostrato, in quanto il danno “in re ipsa”, non coincidendo con l’evento dannoso, ma bensì con gli effetti causati dallo stesso, non può trovare ingresso nel nostro ordinamento.

Secondo quanto stabilito dai giudici della Cassazione, nella sentenza n.31233 del 2018, riconoscere il danno “in re ipsa” sarebbe come ammettere una funzione sanzionatoria alla responsabilità civile, mentre dovrebbe essere compensativa e ripristinatoria (il risarcimento da incidente stradale serve per compensare i pregiudizi subiti dal danneggiato e non per sanzionare chi ha commesso il fatto dannoso).

Inoltre, la liquidazione equitativa del danno da parte del giudice non può avvenire se il pregiudizio del quale si richiede un risarcimento non sia accertato nella sua esistenza. Se non si acclara l’esistenza del danno, il giudice non può infatti liquidarlo.

 

Risarcimento del danno da fermo tecnico

Come visto nei paragrafi precedenti, il danneggiato per ottenere il risarcimento del danno da fermo tecnico deve allegare e dimostrare il pregiudizio subito e le spese sostenute per sopperire alla sosta forzata del proprio veicolo.

Riveste un ruolo determinante, ai fini dell’entità del risarcimento, anche l’uso effettivo che si faceva del mezzo di trasporto prima dell’incidente.

Come appunto sancito dalla Cassazione, nella sentenza n.13718 del 2017, vi è una grossa differenza tra il danno conseguente il fermo tecnico di un veicolo utilizzato esclusivamente nel tempo libero, rispetto a quello di un mezzo usato a scopo lavorativo.

Il danneggiato per ottenere un risarcimento ha l’onere di dimostrare tutte le spese sostenute per far fronte all’impossibilità di utilizzare il proprio veicolo, come ad esempio i costi per il noleggio di un veicolo sostitutivo (danno emergente), e le eventuali occasioni di guadagno perdute conseguenti il mancato uso del bene (lucro cessante).

Per il calcolo del fermo tecnico quindi è indispensabile considerare:

  • il tempo necessario per la riparazione della vettura (un giorno di fermo tecnico corrisponde a 8 ore di manodopera dell’officina);
  • le spese vive sostenute dal proprietario per la gestione del veicolo (bollo, assicurazione, ecc.);
  • l’eventuale spesa affrontata per il noleggio di un mezzo sostitutivo;
  • i costi sostenuti per l’utilizzo di mezzi pubblici, car sharing o taxi;
  • l’eventuale impossibilità di svolgere una specifica attività, come ad esempio quella lavorativa;
  • il tipo di attività lavorativa svolta dal danneggiato e la distanza tra la sua abitazione ed il posto di lavoro.

Vista e considerata la necessità di un’allegazione probatoria, per ottenere un giusto risarcimento del danno da fermo tecnico è importante conservare tutte le ricevute e le fatture dei costi sostenuti per la mancata disponibilità della propria vettura.

 

Differenza col fermo amministrativo

Il fermo tecnico non va confuso col fermo amministrativo, che consiste nel divieto, imposto dalla Pubblica Amministrazione, di utilizzare il proprio veicolo fino all’estinzione del debito che ha il contribuente proprietario della vettura con l’Agenzia delle Entrate.

Un veicolo posto in fermo amministrativo non può circolare e non può essere demolito, esportato o radiato al Pubblico Registro Automobilistico (PRA) ed inoltre non può essere custodito in un luogo sottoposto a pubblico passaggio.

È consentita la vendita del mezzo, ma il nuovo proprietario non può né circolare, né demolirlo fino a quando il debitore non abbia saldato il proprio debito con l’ente creditore e cancellato l’iscrizione del fermo al PRA.

Secondo l’articolo 214 del Codice della strada, chi ha assunto la custodia del veicolo sottoposto al fermo amministrativo, se circola abusivamente nonostante il divieto, è punito con una sanzione amministrativa fino a quasi 8.000 euro, con la revoca della patente e la confisca del veicolo, con la quale la Pubblica Amministrazione ne acquisisce definitivamente la proprietà.

Tramite una visura all’ACI o al PRA è possibile verificare se un veicolo sia iscritto o meno a fermo amministrativo.

In caso di incidente stradale, è molto importante sapere che la gran parte delle compagnie d’assicurazione prevedono, nelle condizioni di contratto, un’azione di rivalsa nei confronti di chi causa un sinistro guidando un veicolo non autorizzato a circolare.

Con il diritto di rivalsa l’assicurazione pagherà i danni ai terzi, per poi richiedere al responsabile del sinistro un rimborso di quanto liquidato.

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