In caso di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, l’Inail ha la facoltà di poter chiedere un rimborso delle prestazioni erogate al lavoratore danneggiato, qualora tra le cause che hanno provocato l’evento lesivo siano accertate delle responsabilità di uno o più soggetti.

Le azioni di recupero delle prestazioni indennizzate da parte dell’Istituto assicuratore, denominate genericamente di rivalsa, comprendono il regresso e la surroga.

Quando perciò sussiste una responsabilità del datore di lavoro, o di un terzo soggetto, nelle cause dell’evento dannoso subito dal dipendente, l’ente assicurativo può agire nei confronti del responsabile per ottenere una restituzione di quanto indennizzato per la malattia o l’infortunio professionale.

L’azione di regresso dell’INAIL

Con la legge di bilancio n.145 del 2018 sono stati modificati alcuni articoli del DPR n.1124 del 1965, il Testo unico sull’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali e gli infortuni sul lavoro.

Nello specifico, per quando riguarda l’azione di regresso, è stato modificato l’articolo 11 del DPR 1124/1965 nel quale è stabilito che l’INAIL è tenuta comunque ad erogare le prestazione al lavoratore infortunato, anche qualora sia riscontrata ed accertata una responsabilità civile del datore di lavoro, salvo poi avere il diritto di agire nei confronti della persona civilmente responsabile per richiedere un rimborso delle somme a qualsiasi titolo erogate a titolo di indennità e di spese accessorie.

Il soggetto civilmente responsabile del sinistro è tenuto a versare all’INAIL anche un importo pari al valore capitale della rendita dovuta e di ogni altra indennità liquidati a qualsiasi titolo.

La stessa norma prevede che il giudice, tenendo conto della condotta del responsabile prima e dopo l’evento lesivo e dall’adozione delle misure necessarie per aumentare i livelli di sicurezza e salute sul lavoro, può predisporre una riduzione degli importi del rimborso dovuto.

Per quanto riguarda le modalità di esecuzione del rimborso queste possono essere determinate considerando il rapporto tra l’importo dovuto e le disponibilità economiche del soggetto responsabile.

Al comma 3 dell’articolo 11 infine si specifica che l’Inail può esercitare l’azione di regresso anche nei confronti del lavoratore infortunato stesso, qualora l’evento lesivo sia accaduto per dolo di quest’ultimo ed accertato con una sentenza penale.

In caso di decesso del lavoratore o di amnistia del reato, il dolo deve essere assodato nelle forme previste dal Codice di procedura civile.

Da specificare che la responsabilità civile del datore di lavoro, che fa sorgere il diritto di regresso dell’Inail nei confronti del responsabile, si configura quando il fatto, commesso dall’imprenditore o dai suoi dirigenti o responsabili della sorveglianza dell’attività lavorativa, costituisce un reato perseguibile d’ufficio.

L’azione di regresso dell’Inail può essere esercitata nei confronti dei soggetti ritenuti civilmente responsabili anche senza attendere l’esito o addirittura l’instaurazione del procedimento penale. Quindi è necessario solamente che il fatto costituisca, come detto, un reato perseguibile d’ufficio.

Sono definiti reato a procedibilità d’ufficio quelli per cui si deve procedere nei confronti del responsabile senza che sia necessaria una querela da parte del soggetto danneggiato, anche quindi quando lo stesso non vuole che il colpevole sia processato.

 

Sicurezza sul lavoro e responsabilità del datore

Il datore di lavoro è sempre responsabile degli infortuni dei propri dipendenti quando viene accertata una sua omissione, sia nell’adozione delle misure di sicurezza necessarie, sia nel controllo dell’effettivo utilizzo di tali misure da parte del lavoratore.

La violazione delle norme antinfortunistiche rappresenta una condotta illecita da parte del datore di lavoro e quando questa causa la morte del lavoratore o gli provoca delle lesioni personali si configura un reato perseguibile d’ufficio.

L’articolo 590 del Codice penale prevede la procedibilità d’ufficio anche per i delitti che abbiano determinato una malattia professionale del lavoratore per fatti commessi con la violazione delle norme antinfortunistiche.

Come ribadito dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n.24629 del 2019, anche un eventuale concorso di colpa da parte del dipendente nella causazione dell’infortunio non esclude la responsabilità del datore, salvo quando il lavoratore abbia posto in essere una condotta abnorme, esorbitante ed inopinabile rispetto al lavoro da compiere e alle direttive ricevute.

Il datore è quindi esente da responsabilità soltanto quando il comportamento del lavoratore sia la causa esclusiva dell’evento lesivo e da tale contegno abbiano avuto origine condizioni di rischio e pericolo del tutto estranee alle ordinarie modalità di lavoro.

Come è stabilito dall’articolo 2087 del Codice civile, il datore di lavoro ha un dovere di sicurezza ed è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e morale dei propri prestatori di lavoro.

La Cassazione inoltre sottolinea che le misure che il datore deve adottare, nell’organizzazione del lavoro, devono essere tali da evitare anche che i dipendenti inesperti e di giovane età siano impiegati in mansioni pericolose, visti e considerati gli obblighi di formazione ed addestramento che ha l’imprenditore nei confronti degli apprendisti.

Le norme sulla sicurezza e sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro infatti hanno il compito di tutelare il lavoratore dagli incidenti causati non solo da una sua disattenzione, ma anche da quelli provocati da una sua imprudenza, imperizia e negligenza.

 

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L’azione di surroga

A differenza dell’azione di regresso, che si compie all’interno del rapporto assicurativo, l’azione di surroga viene esercitata nei confronti di un terzo soggetto estraneo a tale rapporto e quindi diverso dal datore di lavoro.

Disciplinato dall’articolo 1916 del Codice civile il diritto di surrogazione dell’assicuratore permette a quest’ultimo di chiedere al terzo che ha causato l’infortunio o la malattia il rimborso di tutte le indennità erogate al danneggiato.

L’azione di surroga riguarda soprattutto gli infortuni in itinere, ossia quando il lavoratore subisce un sinistro durante il percorso casa-lavoro.

In questo caso, trattandosi di una fattispecie di infortunio sul lavoro, il responsabile dell’incidente è tenuto a rimborsare l’Istituto assicuratore di tutte prestazioni indennizzate al lavoratore e del valore capitalizzato delle prestazioni future (indennità per giorni di prognosi, liquidazione in capitale del danno biologico, spese mediche e capitalizzazione della rendita Inail).

Ovviamente il lavoratore danneggiato non può cumulare i risarcimenti dell’Inail con quelli dovuti dal terzo soggetto responsabile del sinistro.

La procedura di surrogazione ha infatti lo scopo, sia di impedire che quanto erogato dall’assicuratore possa costituire un vantaggio per l’autore dell’illecito, sia che il danneggiato possa ottenere e cumulare due risarcimenti per lo stesso danno subito.

Come ribadito appunto dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n.12566 del 2018, le somme che il danneggiato ha ricevuto dall’Inail vanno detratte dall’importo dovuto dal responsabile del fatto dannoso.

La differenza tra danno risarcibile in sede civilistica e quanto già erogato dall’Inail viene definito danno differenziale.

 

Il danno differenziale

Il danno differenziale, come detto, è pari alla differenza tra quanto è possibile richiedere al datore di lavoro o ad un terzo soggetto come risarcimento integrale dei danni subiti in sede civilistica e quanto già indennizzato dall’Inail per l’infortunio o malattia professionale.

Difatti è necessario specificare che l’Istituto assicuratore svolge una funzione prettamente indennitaria e non risarcitoria; ossia al danneggiato non viene liquidata una somma tale da soddisfare un totale ristoro degli effettivi pregiudizi sofferti.

Il lavoratore che dimostra di aver patito, a causa di un fatto illecito compiuto dal datore di lavoro o da un terzo soggetto, un danno superiore a quello che gli è stato indennizzato dall’Inail, ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno differenziale.

Nel danno differenziale rientrano tutte le tipologie di danno che il lavoratore ha sofferto a causa dell’infortunio o della malattia professionale, come il danno morale, patrimoniale, esistenziale e biologico.

Non tutti questi danni infatti sono indennizzati in maniera integrale dall’assicurazione obbligatoria, che ricordiamo ha il solo scopo di garantire mezzi adeguati al lavoratore danneggiato; di conseguenza è possibile richiedere al responsabile del sinistro, un risarcimento per tutte le voci di danno rimaste interamente o parzialmente scoperte dalle prestazioni Inail.

Tuttavia, come aggiornato dalla legge di bilancio 2019, l’articolo 10 del già citato DPR 1124/1965 specifica che qualora il giudice riscontri che il risarcimento calcolato per i danni oggetto di indennizzo non sia maggiore dell’indennità già liquidata a qualsiasi titolo al lavoratore infortunato o ai suoi aventi diritto, questo non è dovuto.

Infatti, prosegue la norma, il risarcimento del danno differenziale è dovuto solo per la quota eccedente le indennità liquidate dall’Istituto assicuratore.

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